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CANNELLINO: SULLE TRACCE DEL MITO


                                                     Cannellino di Frascati by GF

1.Premessa.Il vino lo bevo. Ho fatto qualche vendemmia. Ho partecipato ad un paio di svinature. Questo per presentarmi e far sapere a chi mi legge che non sono un esperto.
E’ da profano che mi chiedo: com’era e cos’è il vino “Cannellino”. Nella nostra cultura locale, quella del nostro paese, Frascati, è una sorta di archetipo del vino.
 La madre di tutte le rimembranze e di tutele nostalgie del buon vino dei tempi passati.
Le mie sensazioni e la mia voglia di conoscerlo nascono da quelle nostalgie, da quella memoria.Il Cannellino l’ho incontrato poche volte nella mia vita. Un paio di volte imbottigliato, un paio sfuso: sono stati quattro vini diversi. E’ possibile afferrare il mito ? Com’ era, cos’era e cos’è, sono le domande che spesso si sono affacciate all’animo e alla testa.
Il Cannellino è Frascati. Su questo punto ho pochi dubbi. Nella ristretta cerchia dei miei parenti e dei loro amici, di quelle persone che sono legate al territorio frascatano, il ricordo del Cannellino è un punto di contatto: una molla che fa scattare il meccanismo dell’identificazione, dell’identità con un territorio e un imprecisato gruppo di persone. Parlare del vino cannellino è pari alla riscoperta di un avo comune, un vecchio trisavolo: noi discendenti abbiamo la sensazione di riconoscerci mentre risaliamo allo stipite comune. L’identità è un fenomeno che ha poco di razionale. Eppure ognuno di noi si guarda intorno e qualche volta si riconosce con l’altro, grazie agli strumenti impensabili e impensati: il vino è uno di questi. Questo discorso è chiaro nei fenomeni sociali di rottura : un gruppo di ultra si riconosce in una squadra di calcio; un gruppo di persone si riconosce nell’avversare un premier politico etc. Fa strano pensare che esista un luogo della mente, o della memoria, in cui più persone possano riconoscersi in una passione che non divide, in un ricordo che avvicina. E’ questo il caso del vino. Non ha senso parlare di vino, bere vino, se non lo si lega ad un territorio. Anche se quel vino e quel territorio non lo conosci quando bevi vino sai che quello è il frutto di quella terra e di quelle persone che su quella terra vivono e lavorano: ti avvicina a loro bere il loro vino. Quanto è il tuo vino invece non solo ti avvicini ma senti il tuo territorio , quella parte di terra che fa parte di te e della tua esperienza, che si identifica e concretizza nel bicchiere che hai tra le mani o nel ricordo che altri ti narrano.
Questo è un po’ il caso del cannellino.
Torniamo alla domanda iniziale: come si faceva e com’era il cannellino?2. IL CANNELLINO NELLA MEMEORIA DI TRE PERSONE.
Sono partito nella mia ricerca da tre persone che conosco. A tutte e tre ho fatto la stessa domanda: come si fa il vino cannellino. Sono tre proprietari di terreni a Frascati. In passato hanno prodotto cannellino.
Il primo.
E’ un vino difficile: estremamente laborioso in cantina. La botride non c’entra nulla. Si parla di una decina di vitigni locali: malvasia puntinata, trebbiano, bellone, bello, greco, bombino, e un vecchio uvaggio simile al greco di tufo ma non coincidente. Bisogna vendemmiare a novembre e i grappoli non vanno raccolti contemporaneamente. I grappoli , infatti, vanno prima liberati della così detta spalletta. Poi va tolta la punta, più aspra, e gettata in terra. Resta il grappolo centrale che va lasciato sulla vite fino a che non è completamente maturo. Spallette e grappolo centrale vanno fatti invecchiare sui graticci. Il vino si lavora bloccandone più volte la fermentazione. Va filtrato , conseguentemente, più volte con filtri in tela: ogni volta che si filtra se ne perde un 5%. Lavorando con filtri in tela ogni volta si ossida. Bloccata così la fermentazione la si fa riprendere per poi bloccarla di nuovo. Va filtrato ogni 5-7 giorni. Pressato soffice deve essere quasi tutto fiore. Caratteristiche del vino estremamente profumato, dolce soprattutto per la malvasia puntinata.
Il secondo.
Ci vuole la muffa nobile che è un muffa da maturazione ma è indispensabile. La vendemmia deve essere tardiva: novembre inoltrato. Il vino cannellino è un vino dolce. Fondamentale la lavorazione in cantina. Si tratta di impedire la trasformazione degli zuccheri in alcol. Si raccoglie, lo si tiene un paio di giorni, poi si svina e si filtra. Ogni volta che sta per fermentare ( che si sta trasformando) SI SVINA: Oggi molti fanno il vino dolce con mosti concentrati: non c’entra nulla. La dolcezza è data dagli zuccheri naturali degli acini che non riescono a trasformarsi in alcol. In buona sostanza in cantina s’interrompe la fermentazione alcolica.
IL terzo.
E’ vendemmia tardiva. Non esiste un uvaggio particolare: non c’è l’uva cannellino. Non si tratta di un passito, niente maturazione sui graticci. Il vino viene dolce perché viene interrotta la trasformazione degli zuccheri in alcol. Si deve filtrare con filtri di tela entro le 24 h. E’ poi necessario filtrare ulteriormente nei giorni o settimane seguenti. Sempre per bloccare la fermentazione ( TRASFORMAZIONE DEGLI ZUCCHERI IN ALCOL )
Un tempo il vino dolce era un effetto naturale. La vendemmia si faceva a metà novembre ed il rimessaggio avveniva in botti. Nelle cantine poteva far molto freddo e questo favoriva il blocco della fermentazione in alcune botti. Quindi un certo numero una su quattro, su cinque, poteva venire “dolce”. Il fenomeno è venuto meno con l’introduzione dei pozzi in cemento che sono più capienti delle botti. Il recipiente più capiente produce, durante la fermentazione, più calore e la fermentazione non si blocca più. Era possibile che il vino ai primi caldi estivi riprendesse la fermentazione divenendo frizzante. I vini attuali hanno come punto di riferimento i mosti concentrati : il cannellino no.
Riflessioni.
Prima di passare al cannellino così come lo vuole la legge alcune riflessioni. Leggiamo le testimonianze in senso storico.
In principio doveva essere un prodotto naturale legato alla vendemmia tardiva e al freddo che faceva a novembre dicembre. A favore il blocco della fermentazione doveva esserci anche la dimensione dei contenitori: più il contenitore è grande, più la fermentazione coinvolge quantità maggiori di prodotto, più si autoalimenta. Una sorta di effetto a catena che con i contenitori più piccoli, le botti, non accadeva. Evidentemente a dicembre gennaio i luoghi più freddi della cantina statisticamente riservavano la maggior possibilità della presenza di vino dolce.
Capito il meccanismo la lavorazione in cantina avrà preso il sopravvento e da un fenomeno naturale sarà divenuto uno indotto dall’uomo con il blocco ripetuto della fermentazione.
Con il tempo si sarà sviluppato una sorta di cannellino per le feste, ad uso degli stessi viticultori, particolarmente curato,fatto di vitigni messi ad appassire per aumentare il grado zuccherino. Non solo. Pare possibile che questi fossero oggetto di selezione partendo dalle parti più mature con esclusione di quelle meno zuccherine.
Queste deduzioni sono legate al fatto che i Frascatani hanno sempre commerciato con il vino e queste cure fanno pensare più all’uso domestico che a quello commerciale.
Il quadro di riferimento ampelografico, i tipi di vitigni, non doveva essere precisamente individuato: si prendevano quelli che c’erano. Forse non c’era sovrabbondanza di malvasia di candia introdotta storicamente in tempi relativamente recenti: ma questa è solo una supposizione.
Possibile la presenza di muffe nobili: erano uve colte oltre la maturazione. L’effetto di dette muffe sul vino non lo conosco ed esula dalla mia competenza. Sarebbe interessante sentire un esperto.
Il frizzantino era una conseguenza naturale della fermentazione mai compiuta completamente. Ai primi caldi ripartiva naturalmente con produzione, penso, di anidride carbonica.
Riassumendo: vino dolce frizzantello. Frutto di: natura, freddo, cantina, primi caldi primaverili.
I profumi dovevano essere svariati, visto che i vitigni erano molti. Non essendo un esperto non ne so cogliere la genesi.
4. IL CANNELLINO E LA LEGGE.
Come deve essere il Cannellino è scritto in parte anche in un atto normativo.
La gazzetta ufficiale del 7 luglio 2011 n 156 contiene il disciplinare, o meglio, la proposta di disciplinare del cannellino docg. Dopo aver letto le testimonianze sopra riprodotte è chiaro che il motivo per cui la base ampelografica ( descrizione dei vitigni) coincide con quella del Frascati docg.
Dalla lettura del disciplinare, oltre agli aspetti tecnici, vengono riprese dalla tradizione, almeno stando a quei tre signori che hanno risposto cortesemente alle mie domande due caratteristiche: vendemmia tardiva ,appassimento consentito in locali idonei. L’appassimento non era previsto nel disciplinare del 26 aprile 2005.
5. Conclusione.
Mi farebbe enorme piacere se chi fosse a conoscenza di altri segreti del Cannellino volesse condividerli con noi. La rete è lo strumento ideale per condividere notizie. E’ importante aiutare e aiutarsi a riscopre le proprie radici.
P.s.
Fa uno strano effetto scoprire che è la natura che ha generato questo vino dosando casualmente, ma non a caso, caldo e freddo nelle cantine. E’ comunque un prodotto che racconta di fatica: lo scegliere e lavorare il grappolo sulla vite; cura : correre ogni volta che c’è da svinare o filtrare; perizia: sapere quando e come filtrare e svinare. Se questo è il nostro prodotto d’eccellenza può significare che la nostra terra può esprimere: cura, perizia , lavoro? E’ forse intorno a questi valori che ci piace riconoscersi come scrivevanmo nell’incipit di questo testo?
Gfwl

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